C. Moos: Das "andere" Risorgimento

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Title
Das "andere" Risorgimento. Der Mailänder Demokrat Carlo Cattaneo im Schweizer Exil 1848–1869


Author(s)
Moos, Carlo
Series
Zürcher Italienstudien 4
Published
Münster 2020: LIT Verlag
Extent
VI, 574 S.
Price
€ 59,90
by
Marco Meriggi

Nella prefazione anteposta a L’“altro Risorgimento”. L’ultimo Cattaneo tra Italia e Svizzera, pubblicato nel 1992 per i tipi di Franco Angeli, Moos informava che in quella sede non gli era sembrato opportuno «annoiare il lettore italiano con accenni a cose che egli già conosce» (p. 8). Si riferiva al contenuto dei due capitoli iniziali della presente edizione in lingua tedesca del suo studio, dedicati l’uno a una discussione della storiografia sul Risorgimento, l’altro alle vicende biografiche di Carlo Cattaneo fino al 1848. Allora (cioè nel 1992) l’autore immaginava una pubblicazione imminente in tedesco nella collana del Deutsches historisches Institut di Roma della versione completa della sua ricerca, impostata negli anni ’70 durante un lungo soggiorno a Milano e scritta nei primi anni del decennio successivo, per essere poi presentata come Habilitationsschrift presso l’Università di Zurigo nel 1985. Così non è stato. E solo ora, a distanza di ormai una quarantina d’anni dal momento della stesura dei primi capitoli e di 35 dal suo completamento, lo studio di Moos esce in tedesco in una edizione integrale. Quest’ultima, pur basandosi largamente sul testo della Habilitationsschrift del 1985, tiene conto almeno in parte delle nuove acquisizioni nel frattempo offerte dalla storiografia e, soprattutto, dei materiali inediti messi a disposizione dalla nuova edizione di fonti cattaneane promossa nel corso degli ultimi lustri dal Comitato italo-svizzero per la pubblicazione delle opere di Carlo Cattaneo.

L’impressione che si ricava dalla lettura delle parti sin qui inedite del libro di Moos è che, se il primo capitolo risulta ormai un po’ datato (non lo era, invece, nel momento in cui venne originariamente scritto), il secondo si presenta invece come un’integrazione tutt’altro che secondaria a quanto contenuto nell’edizione italiana del 1992. Credo, per altro, che neppure allora la sua lettura avrebbe «annoiato» il lettore italiano. È vero, infatti, che nel suo insieme il volume si focalizza largamente sul ventennio che Cattaneo trascorse nel Canton Ticino dal tardo ’48 alla scomparsa, nel 1869. Ma la linea interpretativa che Moos sviluppa a questo proposito, con il conforto di una davvero poderosa ed esaustiva perlustrazione archivistica, trova la sua naturale e determinante premessa proprio nell’approfondimento delle attività del pubblicista lombardo tra gli anni ’30 e quelli ’40. Cattaneo si impose allora a Milano come il più degno erede dell’insegnamento di Romagnosi e come il principale promotore dell’“incivilimento” teorizzato dal giurista di Salsomaggiore. Lo fece in veste di docente, di giornalista, di intellettuale a tutto campo, ma anche di figura direttamente compartecipe di iniziative economiche di rilievo e di operatore culturale capace di segnalare potenzialità e limiti della Lombardia all’interno di un processo di sviluppo economico e civile che avrebbe dovuto – negli auspici dell’editor del Politecnico, nonché relatore (cioè segretario) della Società di incoraggiamento delle arti e dei mestieri di Milano – portare la regione insubre a inserirsi positivamente nella corrente di progresso che già interessava i paesi europei più avanzati, tanto dal punto di vista delle strutture economiche e sociali quanto da quello del godimento di condizioni di libertà politica.

I due aspetti, ovviamente, non erano disgiunti e Cattaneo, che si era intensamente politicizzato nel corso della breve stagione del ’48 milanese, mostrò di considerarli come qualcosa di inscindibile anche durante i vent’anni della sua permanenza nel Canton Ticino, trascorsi prevalentemente in quella «casa isolata fuori della città, a Castagnola che è un eremitaggio perduto tra i dirupi, gli spini e l’ortica» (p. 203) dove, in compagnia della moglie «sempre più o meno ammalata» (p. 334), fronteggiava quotidianamente le difficoltà economiche che gli impedivano di coronare il suo desiderio di «pacata agiatezza» (p. 281).

Giustamente Moos osserva che del soggiorno ticinese dell’autore di L’insurrezione di Milano la storiografia si è occupata troppo poco, a dispetto del fatto che esso si protrasse per oltre vent’anni, quasi la metà, dunque, della vita adulta di un uomo che, nato nel 1801, sarebbe scomparso nel 1869; vent’anni iniziati come un esilio forzato, ma poi proseguiti come una scelta volontaria. Fino al 1859 per Cattaneo la patria milanese era terreno vietato. Dopo quella data, però, non più. Ma non vi si recò, se non per brevi puntate, e decise di attenuare sensibilmente i propri legami con l’Italia, pur non mancando di far risuonare la sua voce polemica nelle fasi iniziali della costruzione del nuovo stato unitario.

Nella Confederazione elvetica, e nel Ticino in particolare, dove divenne in capo a qualche anno una sorta di eminenza grigia del radicalismo locale, egli riteneva del resto di avere trovato il luogo preferibile per un impegno che era civile e politico a un tempo, e che comprendeva uno spazio consistente anche per i tentativi di speculazione imprenditoriale nei quali – quasi sempre con scarsa fortuna – si avventurò in prima persona a partire dagli anni ’50.

Il volume di Moos passa in rassegna con grande acribia e precisione di dettaglio l’insieme delle vicende nelle quali il milanese si trovò coinvolto durante quei lustri; quelle connesse al Risorgimento (dalla pubblicazione presso la Tipografia Elvetica di Capolago dell’Archivio triennale, agli alterni e spesso risentiti rapporti con il variegato mondo del patriottismo italiano, al disappunto per le scelte di tipo centralistico adottate dalla leadership politica della penisola in occasione dell’unificazione); ma anche quelle derivanti dalla sua intensa interazione con il mondo ticinese, tanto sotto il profilo politico, insieme ai radicali del cantone, quanto sotto quello culturale, quanto anche sotto quello del contributo alla pianificazione economica. Ben lumeggiati in particolare, a questo proposito, dallo studio di Moos, sono sia il contributo di Cattaneo alla fondazione del Liceo di Lugano, nella scelta delle cui linee educative egli esercitò un ruolo determinante, in una chiave di accentuato laicismo che gli valse la feroce ostilità clericale, sia le attività che egli profuse, anche se di rado con successo, in tema di strade ferrate, di bonifica del piano di Magadino, di contributo alla definizione delle linee-guida per la legislazione mineraria.

Di più. In misura crescente man mano che gli anni passavano, la struttura federale elvetica – che in parte, per altro, egli ebbe la tendenza, come dimostra Moos, a idealizzare e a mitizzare – divenne per lui il modello auspicabile per l’Italia che avrebbe voluto; l’Italia “visionaria” e al momento certamente irrealizzabile della nazione armata, del cittadino-soldato, dell’esercizio della democrazia dal basso attraverso il federalismo. Temi – questi ultimi – che rendono però a mio parere problematica l’ascrizione di Cattaneo, in compagnia di Cavour, a un unitario, per quanto diversificato nei suoi rami, albero del liberalismo europeo, come Moos sembra propenso a fare, quando, ricollegandosi a una valutazione di Rosario Romeo, suggerisce che l’ostilità tra lo statista piemontese e l’intellettuale lombardo fosse dovuta più a fraintendimenti su questioni accessorie e alla spigolosità di carattere di Cattaneo che a un dissenso di carattere ideale.

Fautore appassionato di un progresso civile fondato sull’intelligenza, sul merito e sulla libertà di impresa, e, per questo, ideologo di un’imprenditoria borghese che anche nella sua città di origine restava comunque schiacciata dall’egemonia politica dell’aristocrazia fondiaria di fede liberal-moderata, Cattaneo era infatti tuttavia al tempo stesso sostenitore di un modello di partecipazione politica che di fatto lo proiettava anni luce a distanza dalla tendenza neoelitaria tipica del liberalismo classico e dal mondo liberal-aristocratico dei moderati lombardi e di Cavour. Certamente, come dimostra Moos, malgrado il suo radicalismo era un riformista, e non un rivoluzionario. Ma è meglio considerarlo comunque in primo luogo come un democratico tout court, e riconoscere al tempo stesso nella sua vicenda la prova dell’esistenza di una frattura inconciliabile tra liberalismo e democrazia nella storia politica europea di quei decenni.

Zitierweise:
Meriggi, Marco: Rezension zu: Moos, Carlo: Das "andere" Risorgimento. Der Mailänder Demokrat Carlo Cattaneo im Schweizer Exil 1848–1869. Münster 2020. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2020, Vol. 168 pagine 165-167.

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Archivio Storico Ticinese, 2020, Vol. 168 pagine 165-167.

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